L’Astronomia moderna è una scienza che dipende sostanzialmente per il suo sviluppo dai dati osservativi. Dal telescopio di Galileo Galilei (1609) ad oggi, la strumentazione astronomica ha visto un’evoluzione continua. Da un lato l’aumento della dimensione dei telescopi e dall’altro la costruzione di strumenti di piano focale sempre più complessi e sofisticati ha permesso di esplorare in dettaglio le caratteristiche della nostra Galassia e di osservare oggetti sempre più deboli, guardando indietro nel tempo fino alle prime fasi di vita dell’Universo.

I telescopi di punta attualmente in uso hanno specchi primari di 8-10m a cui vengono associati strumenti per osservazioni spettroscopiche e di imaging con varie caratteristiche. INAF è fortemente coinvolto nello sviluppo di strumentazione per i telescopi Large Binocular Telescope (LBT) situato a 3200m su Emerald Peak (Arizona) e Very Large Telescope (VLT) situato nel deserto di Atacama sul Cerro Paranal (Cile) a 2600m.

FIG81Il Large Binocular Telescope , con i suoi 2 telescopi da 8.4m, visto dall’interno.

LBT è costituito da due telescopi di 8,4m posizionati fianco a fianco e fissati ad un’unica montatura alt-azimutale che permette di utilizzarli contemporaneamente come un unico telescopio di area collettrice equivalente pari a 11,8m. LBT è una collaborazione internazionale tra University of Arizona (25%), INAF (25%), LBT Beteiligungsgesellschaft, Germania (25%), The Ohio State University (12.5%), e un società di ricerca con sede a Tucson che rappresenta l’Università del Minnesota, l’Università di Virginia, e l’Università di Notre Dame (12.5%). Il gruppo di lavoro che partecipa a questo premiale ha collaborato negli anni alla realizzazione degli strumenti di LBT.

VLT è il più grande osservatorio del mondo con i suoi quattro telescopi (UT) di 8,2m di diametro. VLT è gestito dall’Osservatorio Australe Europeo (ESO), la principale organizzazione inter-governamentale in astronomia di cui anche l’Italia fa parte rappresentata da INAF. Nel corso degli anni, INAF ha contribuito allo sviluppo di VLT partecipando in modo sostanziale alla progettazione e costruzione di strumentazione, in particolare per osservazioni ad alta risoluzione spettroscopica (UVES, X-SHOOTER, ESPRESSO, CRIRES+) e alta risoluzione spaziale con i moduli di ottica adattiva MAD.

FIG82Vista aerea dei 4 UT che costituiscono il VLT nel deserto di Atacama (Cile)

 

Le competenze acquisite grazie a queste partecipazioni sono state tali da spingere ESO ad affidare a INAF la leadership di due degli strumenti per il nuovo European-Extremely Large Telescope (E-ELT) da 39m: il Multi conjugate Adaptive Optica RelaY – MAORY già in fase di costruzione (per la cui progettazione e costruzione ESO ha dato all’Italia 18,5 milioni di euro) e lo spettrografo ad altissima risoluzione e stabilità HIRES per cui è in corso lo studio di fattibilità.

L’importante ruolo scientifico e tecnologico giocato da INAF all’interno di ESO ha avuto ricadute positive anche sulle industrie italiane che nel tempo hanno collaborato ai progetti scientifici e hanno raggiunto livelli di eccellenza. In particolare, sono state affidate a imprese italiane in collaborazione con INAF: la progettazione finale e la costruzione dello specchio M4 (30 Milioni di Euro) e la costruzione della cupola e della struttura meccanica di supporto (400 Milioni di Euro) del telescopio E-ELT.  Il telescopio è in fase di costruzione sul Cerro Armazones, sulle Ande cilene, a una quota di 3000 m. Le opere per la realizzazione della strada di servizio e di livellamento del sito dove si ergerà E-ELT sono state completate e l’avvio dei lavori per la costruzione della cupola è previsto per il 2017.

Il consolidamento e il rafforzamento delle competenze acquisite in campo scientifico e tecnologico permesse da questo progetto premiale sono indispensabili perché INAF possa portare a termine, insieme al mondo imprenditoriale, l’impegno preso per la costruzione di HIRES. Tutte le persone chiave del Project Office di HIRES partecipano infatti a FRONTIERA.

Se da un lato l’astronomia da Terra è proiettata verso i telescopi “estremamente grandi”, i telescopi più piccoli giocano comunque un ruolo fondamentale per la ricerca, soprattutto se dotati di strumentazione all’avanguardia, in grado di produrre misure di grande affidabilità e precisione. Non a caso, la scoperta del primo pianeta extrasolare, 51 Peg b, è avvenuta 21 anni fa grazie ad osservazioni ottenute con un telescopio della classe di 2m, al cui piano focale era montato uno spettrografo ad alta risoluzione in grado di fornire misure di accuratezza mai raggiunta prima. In questi vent’anni, la ricerca dei pianeti extrasolari si è sviluppata rapidamente grazie alla costruzione di strumenti sempre più sofisticati, caratterizzati da prestazioni sempre migliori. Tra questi, lo spettrografo HARPS-N, il più potente cacciatore di pianeti per l’emisfero Nord, dal 2012 si trova al fuoco del Telescopio Nazionale Galileo (TNG), il telescopio italiano di 3,6 m, situato nel miglior sito osservativo Europeo e uno dei migliori siti osservativi al mondo sull’isola di La Palma nell’arcipelago delle Canarie (Spagna).

Il TNG è equipaggiato anche di GIANO (entrato in funzione nel 2015), uno spettrografo ad alta risoluzione nell’infrarosso unico al mondo per le sue caratteristiche di risoluzione e copertura spettrale. Giano, strumento interamente criogenico, è stato progettato, costruito, messo in funzione e caratterizzato scientificamente da personale INAF e da ditte italiane coinvolte in questo progetto premiale. Dal 2017 sarà possibile utilizzare GIANO assieme ad HARPS-N. L’integrazione tra i due strumenti, che prende nome GIARPS, resa possibile grazie al premiale 2013 WOW (PI G. Micela), permetterà di avere spettri ad altissima risoluzione e stabilità dal visibile all’infrarosso in un’unica esposizione. GIARPS sarà in grado – per qualche anno unico al mondo – di scoprire e caratterizzare pianeti extrasolari in situazioni difficili, per esempio in sistemi planetari giovani, e in genere in sistemi planetari in cui la stella manifesti attività di tipo magnetico di livello superiore rispetto a quella solare.

 

Grazie a strumenti come HARPS-N, e alle missioni spaziali quali CoRoT (ESA/CNES) e Kepler (NASA) la nostra conoscenza sui pianeti, che fino a venti anni fa era basata sullo studio del Sistema Solare (SS), è stata completamente rivoluzionata: ad oggi conosciamo circa 3500 pianeti appartenenti a quasi 2600 sistemi planetari, e il loro numero sta continuando a crescere. I risultati di queste ricerche costituiscono una nuova “rivoluzione copernicana”, perché abbiamo scoperto sistemi planetari anche molto diversi dal Sistema Solare e pianeti di tipo non presente in esso. La scienza dei sistemi planetari è una disciplina ancora giovane (e veramente attrattiva per i giovani ricercatori); molto resta da scoprire, perché i pianeti come la terra in orbita simile a quella terrestre sono ancora elusivi, perché le atmosfere dei pianeti sono estremamente difficili da analizzare, perché poco sappiamo dei processi di formazione ed evoluzione, e infine perché il numero di sistemi planetari per i quali abbiamo potuto ottenere immagini dirette è ancora estremamente piccolo.

In tutta la comunità internazionale, lo studio dei pianeti extrasolari è un driver scientifico per la realizzazione di nuovi strumenti. L’ESA ha selezionato due missioni spaziali per lo studio dei pianeti extrasolari, CHEOPS, che volerà nel 2018 e PLATO, che sarà lanciato nello spazio nel 2025, dedicate a cercare pianeti simili alla terra nella zona abitabile di stelle come il Sole e censire i sistemi planetari dotati di pianeti transitanti attorno alle stelle a noi più vicine. Di una terza missione, Ariel, dedicata allo studio delle atmosfere planetarie, ESA sta valutando la fattibilità. HARPS-N e GIARPS avranno un ruolo importantissimo nello studio di follow-up delle sorgenti studiate da CHEOPS, di quelle scoperte da K2 (NASA), TESS (una missione della NASA in orbita da aprile 2018) e PLATO.

I ricercatori della UO4 e buona parte di quelli della UO2 sono coinvolti nella preparazione scientifica e tecnologica di queste missioni. L’ottenimento dei risultati attesi da questi progetti richiede il supporto fondamentale degli strumenti ad alta risoluzione spaziale e spettrale da Terra che sono oggetto di questa proposta, e inoltre la presenza di una comunità scientifica competente e competitiva, la cui esistenza dipende dal sostegno alle attività scientifiche e di formazione proposte dalla UO4.`

 

Lo studio dei pianeti extrasolari vede l’Italia in prima fila con importanti programmi da terra già in essere, come GAPS (Global Architecture of Planetary Systems) il programma nazionale per gli esopianeti con lo spettrografo HARPS-N, la partecipazione al programma GTO di HARPS-N, e quella al programma GTO di SPHERE, un imager ad altissima risoluzione per lo studio degli esopianeti, operativo al VLT, alla cui costruzione INAF ha partecipato. GAPS ha permesso la pubblicazione a oggi di una ventina di lavori sul giornali con referee, tra cui la scoperta di due sistemi planetari interagenti fra loro, la scoperta del primo sistema con più pianeti in una ammasso stellare aperto, e una coppia di due super Terre attorno ad una stella nana rossa, mentre un numero simile di lavori è in fase di preparazione al momento.

SPHERE, a poco più di un anno dall’inizio del programma di GTO, ha già dimostrato le sue eccellenti capacità nella ricerca e caratterizzazione di pianeti e nane brune e nel risolvere spazialmente dettagli senza precedenti di dischi circumstellari. Sono già stati pubblicati 25 articoli basati sui dati della survey GTO, con un ruolo importante da parte dei ricercatori italiani. SPHERE ha favorito e potenziato la collaborazione sinergica tra gli esperti di esopianeti, di dischi e di prime fasi dell’evoluzione stellare. Le immagini VIS e IR dei dischi ottenute con SPHERE e nel futuro da SHARK saranno studiate in relazione ai dati forniti da ALMA, la facility ESO per le onde millimetriche, che sta offrendo dati ad alta risoluzione spaziale/spettrale – di qualità mai vista prima – sulla struttura dinamica e sulla composizione chimica di un gran numero di dischi protoplanetari. Si potranno così ottenere mappe dettagliate della distribuzione della polvere, del campo magnetico, e del contenuto molecolare via via più complesso del gas; in questo modo sarà possibile affrontare lo studio delle architetture dei sistemi planetari dalle origini alle prime fasi evolutive in modo completo. Ciò posizionerà INAF tra i leader del settore a livello internazionale.

 

Le prestazioni uniche dell’ottica adattiva di LBTO, hanno spinto la comunità italiana a proporre, in risposta alla call per gli strumenti di nuova generazione emessa nel 2012, lo strumento SHARK, con due canali visbile e infrarosso, per la possibilità che esso da di ottenere immagini dirette di sistemi planetari e studiare gli stessi durante la loro formazione (dai dischi ai pianeti).

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Immagine del sistema planetario HR 8789 ottenute con LBT e lo strumento LMIRCam in banda L’ (3.8 μm). Il pianeta piú interno (HR 8789 e) non era mai stato visto prima. La sua estrema vicinanza alla stella lo rendono invisibile ad altri telescopi (Maire et al 2015).

 

Le grandi scoperte fatte dagli spettrografi HARPS (HARPS-N è gemello di HARPS, che lo ha preceduto nel 2003 al telescopio di 3.6 m dell’ESO a La Silla, Chile) hanno spinto ESO a costruire ESPRESSO, un nuovo spettrografo ad alta risoluzione e grande stabilità: ESPRESSO è ottimizzato per la scoperta di pianeti di tipo terrestre, per la misura della possibile variazione delle costanti fondamentali della fisica e per lo studio delle abbondanze chimiche in stelle risolte di galassie vicine. Lo studio di fattibilità e la successiva costruzione dello strumento sono stati assegnati ad un consorzio internazionale guidato dall’Observatoire de Geneve (Svizzera), di cui anche INAF fa parte assieme all’Università di Berna (Svizzera),all’Instituto de Astrofisica de Canarias (Spagna) e all’Universidade de Porto e Lisboa (Portogallo). ESPRESSO sarà uno strumento unico al mondo con caratteristiche di stabilità e di accuratezza della misura al limite della tecnologia conosciuta, inoltre sarà posizionato nella stanza del fuoco Coudè combinato dei 4 telescopi del VLT e potrà quindi essere utilizzato da ognuno degli UT singolarmente o anche dai 4 UT insieme che mimeranno in questo modo l’area collettrice di un telescopio di 16m. Lo strumento si trova attualmente in fase di integrazione a Ginevra e la prima luce al telescopio è prevista per il 2017.

Il personale scientifico e tecnologico di questo Premiale è fortemente coinvolto nel progetto ESPRESSO e nel contesto del Premiale verranno coordinate e realizzate le proposte e le osservazioni con ESPRESSO sia nel tempo garantito che in quello libero per ottimizzare e massimizzare il ritorno scientifico per INAF e per tutta la comunità astronomica italiana coinvolta.

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ESPRESSO in fase di integrazione nella Integration Room dell’Obs. de Geneve.

Oltre alla scienza degli esopianeti, da ESPRESSO ci si aspetta un fondamentale contributo per dirimere la questione della possibile variazione delle costanti fondamentali della fisica, la costante di struttura fine, α e μ (il rapporto fra massa del protone e massa dell’elettrone). Infatti, misure basate sulla posizione relativa di righe in assorbimento osservate in spettri di quasar ad alta risoluzione hanno rivelato una possibile variazione di queste costanti al livello di qualche parte per milione. Altre misure non hanno confermato questo risultato, ma il dibattito è ancora aperto a causa delle incertezze sistematiche dovute all’utilizzo di spettrografi ad alta risoluzione non ottimizzati per eseguire misure di tale accuratezza.

L’utilizzo di spettrografi ad alta risoluzione associati a telescopi della classe 8-10m ha rappresentato un salto epocale nei temi di ricerca legati soprattutto alla chimica e cinematica delle stelle nella nostra galassia, ed allo studio delle proprietà chimiche e fisiche del gas diffuso (mezzo intergalattico) e delle galassie osservati fino ad epoche in cui l’Universo aveva solo 1-2 miliardi di anni (ora si stima che ne abbia circa 13 miliardi).

Poiché elementi chimici diversi sono prodotti da stelle di massa diversa ed espulsi nel mezzo interstellare su tempi scala differenti, i rapporti tra le abbondanze di diverse specie chimiche possono essere utilizzati come un “orologio” che consente di datare le popolazioni stellari e di imporre vincoli sui meccanismi di formazione delle strutture. Le grandi surveys spettroscopiche attualmente in corso (APOGEE, Gaia-ESO, LAMOST, GALAH) stanno raccogliendo dati per migliaia di stelle nella Galassia. Nonostante la risoluzione e/o l’intervallo spettrale coperto siano limitati, ne emerge un “ritratto” della Via Lattea molto più complesso di quanto finora immaginato, che sta portando ad una profonda revisione dei modelli interpretativi teorici. Nell’immediato futuro, nuovi strumenti (per es., ESPRESSO, CRIRES+ e MOONS al VLT) miglioreranno ulteriormente la nostra conoscenza. Ma solamente i futuri spettrografi ad alta risoluzione, come HIRES per l’E-ELT che coprirà un intervallo di lunghezze d’onda molto più ampio (dal visibile all’infrarosso), potranno raccogliere tutta l’informazione sulla chimica necessaria a delineare scenari di formazione non ambigui per le strutture. Nel frattempo, Gaia avrà fornito l’astrometria ad alta precisione, la fotometria e le velocità radiali necessarie per mappare nello spazio delle fasi a 6 dimensioni la Galassia e gli oggetti più vicini del Gruppo Locale. L’impatto sugli scenari di formazione delle strutture sarà enorme e l’Italia deve essere pronta a completare con osservazioni spettroscopiche ad alta risoluzione da Terra le informazioni ricavate dai dati in arrivo dallo spazio. In particolare, studiando le stelle a più bassa metallicità si aprirà una finestra locale privilegiata sullo studio delle primissime fasi di evoluzione dell’Universo. Infatti, la composizione chimica delle stelle di bassissima metallicità che osserviamo adesso riflette i prodotti della nucleosintesi delle prime supernovae esplose nella proto-galassie, che non sono più direttamente osservabili, rendendo così possibili studi della struttura, evoluzione e nucleosintesi delle prime stelle.

Il gas che si trova fra le galassie o nell’alone attorno ad esse è difficilmente osservabile direttamente a causa della sua bassa densità, è possibile però studiarlo in dettaglio grazie alle righe in assorbimento che sono osservate negli spettri di sorgenti brillanti. Fortunatamente nel cosmo esistono sorgenti di luce estremamente brillanti – alimentate dalla materia che spiraleggia attorno a buchi neri super-massicci o da potentissime esplosioni di stelle – che agiscono come fari che illuminano l’Universo e la cui luce riesce ad arrivare fino a noi da epoche primordiali. Studi basati su questa tecnica osservativa hanno mostrato come gli elementi chimici creati dalle stelle si trovassero oltre che all’interno delle galassie – dove le stelle si formano e muoiono – anche nello spazio esterno permeato dal gas diffuso (costituito principalmente da idrogeno). Questa scoperta assieme ad altre proprietà osservate delle galassie ha fatto supporre che esistano dei meccanismi di feedback che riescono a spingere fuori dalla galassia il gas interstellare arricchendo così dei prodotti chimici stellari il gas intergalattico e interrompendo il processo di formazione stellare che viene privato del carburante (il gas) necessario per autoalimentarsi. In questo campo di ricerca vi sono ancora molte questioni aperte che sono di fondamentale importanza per la comprensione dei processi di formazione ed evoluzione delle galassie e anche per lo studio delle supernovae e dei nuclei galattici attivi che potrebbero fornire l’energia necessaria a spazzare via il gas. Gli studi basati sugli spettri in assorbimento sono anche l’unico modo che abbiamo per determinare con precisione le abbondanze chimiche di galassie primordiali che ci permettono di comprendere che tipo di stelle sono o sono state presenti in quelle galassie e quale sia stata l’evoluzione delle galassie fino ad oggi.

ESPRESSO utilizzato con i 4 telescopi del VLT contemporaneamente permetterà di ottenere risultati importanti per questi argomenti di ricerca grazie alla possibilità di osservare oggetti più deboli e di ottenere spettri con rapporti segnale su rumore molto alti. In questo senso rappresenterà un primo passo verso il prossimo salto epocale per cui si dovranno aspettare gli spettrografi ad alta risoluzione ai telescopi “estremamente grandi”, come nel caso di HIRES all’E-ELT.

 

La comunità astronomica italiana coinvolta nel Premiale FRONTIERA è riconosciuta a livello mondiale per la sua ricerca in campo scientifico e tecnologico, questo progetto si prefigge di rafforzarne ulteriormente la posizione grazie al coordinamento e alla realizzazione di un percorso di formazione e consolidamento delle competenze per arrivare pronti alla sfida rappresentata dai telescopi e dalla strumentazione di nuova generazione.